GIROLAMO ROMANINO
(1484/87-1562?)
Non è certa la data di nascita di Girolamo Romani, detto il Romanino, da situare comunque a Brescia fra il 1484 e il 1487. Sono molto scarse le notizie che riguardano la sua formazione nei decenni a cavallo fra ‘400 e ‘500. Romanino conosce la pittura veneta, in primo luogo Giorgione, ma subisce anche gli influssi dell’arte lombarda (di Bramantino in particolare. Nelle sue prime opere manifesta una predilezione per l’arte tedesca, che egli aveva potuto conoscere a Venezia insieme al pittore cremonese Altobello Melone, soprattutto attraverso le stampe nordiche. Nel 1519 esegue quattro magnifici affreschi con episodi della Passione nel Duomo di Cremona. Gli anni ’20 per il pittore bresciano sono tempi difficili: nella sua città domina la pittura di un altro artista, il Moretto, così Romanino è costretto ad operare in centri periferici: Capriolo, Salò, Asola. La svolta verso il successo avviene nei primi anni ’30, quando decide di mettere la sua arte a disposizione del Principe Vescovo di Trento, Bernardo Cles, alla ricerca di valenti pittori per la decorazione della sua nuova residenza. In una lettera dell’inizio dell’estate del 1531 il Cles parla con favore di lui, chiamandolo “quello excellente pittore bressano che si ha offerto venire”. Per Romanino è l’occasione sia per esprimersi con il suo stile dal linguaggio anticlassico, già sperimentato sulle pareti del Duomo di Cremona, sia per ritrovare punti di contatto con la tradizione artistica d’oltralpe. A Trento rimane fino all’autunno dell’anno successivo. Lavora in diversi ambienti del Castello del Buonconsiglio, affrescando luoghi di grande rilevanza fra i quali la Loggia, inizialmente affidata a Dosso Dossi, e gli ambienti attigui (andito alla cucina, andito al bagno, scala del giardino). Pittore estroso e rapido nell’esecuzione, decora anche la Sala delle Udienze, e, nell’appartamento privato del Principe Vescovo, esegue il fregio con putti e busti di imperatori romani nella camera da letto. Tornato in patria, affresca chiese e palazzi del territorio bresciano (S.Maria della Neve a Pisogne, S.Antonio a Breno, S.Maria Annunciata a Bienno), e dipinge numerose ante d’organo. Negli anni ’40 del ‘500 proprio l’enorme successo ottenuto con le ante dell’organo di S. Maria Maggiore a Trento, gli procura nuove committenze, in particolare a Brescia (Duomo Nuovo e S. Nazaro e Celso) e Verona (S. Giorgio in Braida). Come documentano i contratti stipulati, in questo periodo la sua bottega è frequentata da una serie di garzoni, fra i quali Stefano Rosa. Un tipo particolare di collaborazione viene stretto dal Romanino con il giovane Lattanzio Gambara, promettente pittore che ben presto diventa aiutante fidato, nonché genero, dell’anziano maestro. Non si conosce la data esatta della morte di Romanino, ma in un documento del 1562 risulta che l’artista è morto da due anni.