GIUSEPPE ALBERTI

(1640-1716)

Nato a Tesero nel 1640, viene destinato, secondo le usanze allora in vigore presso le famiglie numerose, alla carriera ecclesiastica. Dimostra ben presto doti artistiche che coltiva, da autodidatta, in ambito locale, firmando, nel 1661, una pala destinata ad una cappella presso Montagnaga di Pinè. Dal 1664 al 1667 segue corsi di medicina e di legge all’Università di Padova, interrotti poco dopo per dedicarsi totalmente all’arte. Formatosi sugli epigoni della pittura veneta del tardo Cinquecento, Alberti ha l’occasione, a Venezia, di arricchire la sua educazione artistica assimilando l’eredità coloristica di Tiziano fino a trovare una propria maturità stilistica. Tornato a Trento, realizza una serie di opere fra cui la pala di San Vigilio (firmata e datata 1673) e quella, attualmente esposta al Castello del Buonconsiglio, raffigurante il Beato Simonino (1677), commissionata dal Principe Vescovo Alberti Poia, che in quello stesso anno otteneva la prestigiosa carica diocesana. Da quel momento il Principe Vescovo diviene, per l’artista trentino, il principale committente di opere sia pittoriche che architettoniche. L’Alberti era stato per qualche tempo a Roma, dove aveva avuto modo di studiare i più importanti monumenti dell’epoca.

Incaricato dal Principe Vescovo di progettare la Cappella del Crocefisso nel Duomo di Trento, nel 1682 l’artista abbandona Roma per fare ritorno nella sua terra, assumendo la direzione della fabbrica che lo vede impegnato personalmente nella fastosa decorazione interna, in particolare per gli stucchi (in parte andati distrutti successivamente) e per i dipinti negli spicchi della volta.

Nell’ambito degli interventi architettonici si può ricordare la chiesa di Pressano, per la quale l’Alberti ripropone, con poche modifiche, le linee strutturali della Cappella del Crocefisso.

Nel 1688 pone mano agli affreschi con il Trionfo della fede e Minerva che caccia i vizi all’inferno nelle due sale al primo piano della nuova Giunta Albertiana, costruita per collegare il Magno Palazzo a Castelvecchio, forse su progetto dello stesso Alberti; entrambi i dipinti allegorici, in cui l’Alberti ricerca spettacolari effetti di vedute “da sotto in su”, seguono di poco gli analoghi cicli da lui affrescati in Palazzo Leoni Montanari a Vicenza.

Il 1689, anno della morte del Principe Vescovo Alberti, segna l’inizio della crisi artistica di Giuseppe Alberti che, privato del sostegno del suo mecenate, si ritira a Cavalese, in Val di Fiemme. Negli anni ’90 esegue numerosi dipinti nei quali, tuttavia, è difficile distinguere la sua mano dall’apporto degli allievi di cui comincia a circondarsi. Va senza dubbio riconosciuto all’Alberti il merito di aver messo le basi, in questa sua ultima fase di attività artistica, per la nascita della cosiddetta “scuola fiemmese”, che ha visto formarsi e operare artisti quali Michelangelo Unterperger e Paul Troger.